Score
CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Il sound deciso del pezzo di apertura, Automatic Drive, rompe immediatamente gli indugi, caricando l’ascolto in un mix di chitarre corpose e sapientemente appesantite da una distorsione imponente. Il classico pezzo di apertura per un genere assodato come quello dei The Sickle, che tornano in auge con maggiore esperienza e consapevolezza dei propri mezzi.
C’Mon, seconda traccia del disco presenta un sound nettamente più Hard, con qualche venatura blues che impreziosisce ulteriormente le ritmiche gasate di un Rock decisamente più anni novanta. At a Time distende maggiormente la tensione di un disco fin qui molto deciso, accompagnato da un video scelto direttamente da Alex Zanardi, che ha accettato di partecipare alla realizzazione del disco, e che vede raccontare le gesta dell’ex pilota di Formula 1, che successivamente al terribile incidente che lo ha coinvolto direttamente, ha dimostrato un grande attaccamento alla vita partecipando in prima persona a moltissime manifestazioni sportive per disabili.
Inutile dire che il video ha spopolato sul web e non solo, riempiendo di orgoglio sia lo stesso Zanardi che la band Padovana che ha scelto di rendergli omaggio.
In Clench your Tie, si apprezzano maggiormente le linee melodiche che riportano l’ascolto in direzione delle band fulcro di questo genere, suoni molto puliti e chitarre che fraseggiano da un lato all’altro. In brani di questo tipo si possono apprezzare e distinguere tutti gli strumenti, segno di qualità elevata nella produzione e nel missaggio.
Segue Wake me up, Break me down, probabilmente il brano più maturo del disco, in cui oltre alle chitarre distorte c’è spazio per un’armonia abbastanza morbida da poter essere ascoltata ed apprezzata da chiunque, compresi i non amanti del genere. La maturità di questa band passa attraverso pezzi come questo, o come il successivo Electricity, ben ritmato e capace di trasmettere una certa euforia rocckeggiante. Confused è la cosìddetta “Ballad” dell’album, forse il brano meno incisivo e maggiormente melodico, senza per questo perdere in qualità, certo non mi stupirebbe se lo sentissi come colonna sonora di un qualche TeenageMovie americano di fine millennio.
Si torna a battere il piede con If I were humble, brano che ricorda vagamente gli Offspring, forse anche per una voce a tratti urlante, carica di controcanti azzeccati e schitarrate graffianti, mentre in My own Doom si torna maggiormente ad accostare i Green Day, anche per la struttura del brano (alla ricerca probabile di un coro da parte del pubblico in un eventuale UOOOHHH! live), scelta assolutamente azzeccata per il sound genuino della band che non cerca mai di strafare o uscire dagli schemi volutamente ricercati.
Chiude la tracklist An answer to every moment, altro brano melodico ma non per questo meno ritmato (ne sconsiglio vivamente l’ascolto alla guida, specialmente in autostrada… potrebbe rivelarsi pericoloso!)
La bonus track è molto interessante, Wake me up, break me down assume un’inclinazione particolarmente riuscita in questa versione acustica. Apprezzabilissimo l’arrangiamento di chitarre e voce che donano al brano un’atmosfera ancora più morbida ed ascoltabile.
In definitiva, si può dire che la band Padovana abbia trovato la sua direzione ottimale, c’è da dire che il genere non lascia molto spazio alle sperimentazioni o all’originalità, ma a parte questo, la qualità dei suoni scelti, l’ottimo timbro vocale che si presta particolarmente alle armonie dei loro brani, fanno di Get bigger last longer un gran bel disco, pieno di qualità e personalità.