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John Cale @Orion Club, Roma (testo e foto di Stefano D’Offizi)

Un altro pezzo di storia da aggiungere alla collezione personale di avventurieri live alla riscossa, una chicca di alta qualitĂ  che diede i natali ai Velvet Underground in compagnia dell’intramontabile Lou Reed. Capace ancora oggi di infiammare palco e platea, John Cale occupa il centro del palco all’Orion Live Club, immolandosi per la causa del Rock n’Roll che ancora scorre vivo nelle sue vene, nonostante la figura messa alla prova dal corso del tempo. Un enorme piano elettrico in pieno stile anni novanta ed una stratocaster pronta ad essere maltrattata; questo Ăš lo spettacolo che mi si propone al varcare l’ingresso di uno dei live club piĂč importanti della capitale, in seconda fila sul palco, il resto della strumentazione riposa in pace per qualche minuto, inerti, immobili.
Con l’ultimo EP Extra Playful, John Cale ha saputo attirare lo sguardo degli innumerevoli appassionati che da Circus Live non si aspettavano di certo l’imminente uscita di un nuovo lavoro, la curiosità ù tanta, e quale miglior modo per soddisfarla se non un tour che partito da metà marzo, andrà a toccare le principali città europee, passando per Losanna, Genk in Belgio e finalmente Roma (o per la precisione Ciampino)?
Dustin Boyer alla chitarra e Joey Maramba al basso, completano insieme a Micheal Jerome alle pelli, la combriccola che accompagna  e sostiene Cale in tour.
Purtroppo, la serata ha coinciso con molti altri eventi, del resto ù venerdì sera ed i nomi che si rincorrono in questa città erano abbastanza ingombranti da spostare altrove l’attenzione, tanto che nel solito corridoio delle voci instabili, ù corsa la solita diceria (o forse un fatto concreto) che il concerto potesse venire cancellato all’ultimo momento. Fortunatamente non ù stato così, e per quanto il pubblico non fosse numerosissimo (ce ne vuole davvero per riempire quella sala) ha partecipato ed ha applaudito calorosamente durante tutto il concerto, restituendo lo stesso tipo di calore offerto dall’artista stesso.
John Cale esordisce salutando la capitale, sorridendo e dicendosi felice di vederci tutti là, quasi come lo scienziato pazzo che ghigna verso la sua cavia all’idea di quanto accadrà di li a poco.
Da Captain Hook, ù tutta discesa, una voce vellutata che non sembra aver perso il minimo smalto, a tratti morbida, spesso acida e tagliente, senza alcun ripasso dei periodi Velvetiani, troppo impegnato a pescare dall’enorme cilindro della sua carriera solista, un coniglio dietro l’altro, ed ù stupendo immaginarseli tutti con la sua capigliatura.
Amsterdam ed Helen of Troy, ma anche Satellite Walk e Look Horizon, il pubblico impazza per i successi di questo rocker dannato e d’annata, anche per le piĂč recenti  Perfection e Whaddy Mean by That, provenienti dall’ultimo lavoro, un superbo rock dalle finiture luccicanti.
Un artista passato per molte tappe, dalla produzione alle colonne sonore, dallo scrivere uno dei piĂč grandi dischi che rimarranno nella storia per decenni, all’affrontare l’ennesimo estenuante tour europeo appena iniziato.  
 John Cale Ăš fra le altre cose, un polistrumentista coi fiocchi, possiede un curriculum di collaborazioni pressochĂ© infinito, e non ha certo l’aria di chi ha intenzione di fermarsi proprio ora.
Una riflessione mi coglie improvvisamente: se avessi scelto di seguire uno dei tanti altri concerti in lista stasera, avrei sicuramente assistito a qualcosa di piĂč giovane (relativamente) e mi sarei perso una delle performance live piĂč intense da inizio anno, e probabilmente non me lo sarei potuto perdonare.
Noi tutti assorbiamo in prima linea ogni singola nota, noi tutti siamo ansiosi di poter ascoltare il suo prossimo lavoro fino in fondo, rimaniamo quindi tutti sintonizzati ed in frenetica attesa.
Un ringraziamento speciale ad Orion live Club e Daniele Mignardi Promopress Agency per averci ospitato in questo evento 


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