16 Marzo 2012, ore 22,00. Allâesterno della Locanda Atlantide di Roma gli addetti ai lavori sistemano due grandi transenne in plastica gialla, questa sera eâ prevista unâaffluenza di tutto riguardo, meglio esser preparati. Esperta ed adescatrice, questa notte eâ ancora giovane, di poche parole, ma se la sfiori la senti vibrare, puoi percepire il riverbero del suo respiro: Le Cardamomò sedurraâ la notte romana, Il Muro del Canto la faraâ gemere e sospirare.
Le Cardamomò sale sul palco, il pubblico giĂ abbastanza numeroso si fa silente, ascolta concentrato le prime note di Polmonite; il violino di Antonia è delicato e dolcemente struggente, gli organetti di Marta e Gioia lo accompagnano in una luce rossa soffusa, un tramonto surreale. Con un solo balzo si torna indietro di settantâanni, seduti allâesterno di un cafè parigino, profumo dâabsinthe maudit e pagine ingiallite, profumo di poesie. Le tre ragazze (il cui progetto prende vita nel 2009) occupano il palco con malinconica eleganza, suonando i propri strumenti con delicato abbandono. Seconda traccia è Mon Amant de Saint Jean,lâintro parlato di Marta racconta di un amore passionale e profondo, la melodia eâ lieve, ipnotica, segretamente seducente. Ancora applausi per il trio, adesso Antonia pizzica le corde del suo violino, eâ la volta di Le Valse de Meduse che conferma la vena nostalgica e fortemente retrò della formazione. Lâatmosfera si fa incantata, magicamente ti ritrovi seduto su di una panchina osservando la Senna scorrere silenziosa. PiĂš frivola ed allegra, ma dalle venature reconditamente malinconiche, è invece Nike: il pubblico ascolta rapito, le mani battono seguendo un ritornello ipnotico ed incalzante, ti scoprirai a canticchiarlo tornando verso casa.
Le Cardamomò sale sul palco, il pubblico giĂ abbastanza numeroso si fa silente, ascolta concentrato le prime note di Polmonite; il violino di Antonia è delicato e dolcemente struggente, gli organetti di Marta e Gioia lo accompagnano in una luce rossa soffusa, un tramonto surreale. Con un solo balzo si torna indietro di settantâanni, seduti allâesterno di un cafè parigino, profumo dâabsinthe maudit e pagine ingiallite, profumo di poesie. Le tre ragazze (il cui progetto prende vita nel 2009) occupano il palco con malinconica eleganza, suonando i propri strumenti con delicato abbandono. Seconda traccia è Mon Amant de Saint Jean,lâintro parlato di Marta racconta di un amore passionale e profondo, la melodia eâ lieve, ipnotica, segretamente seducente. Ancora applausi per il trio, adesso Antonia pizzica le corde del suo violino, eâ la volta di Le Valse de Meduse che conferma la vena nostalgica e fortemente retrò della formazione. Lâatmosfera si fa incantata, magicamente ti ritrovi seduto su di una panchina osservando la Senna scorrere silenziosa. PiĂš frivola ed allegra, ma dalle venature reconditamente malinconiche, è invece Nike: il pubblico ascolta rapito, le mani battono seguendo un ritornello ipnotico ed incalzante, ti scoprirai a canticchiarlo tornando verso casa.
Le Cardamomò chiude con lâesecuzione di Balcan, insolita e toccante la dolcezza della sua sonoritĂ . Applausi, tanti e meritati, per questo trio bello e bravo: se avete visto la scena del cieco al mercato ne Il Favoloso Mondo di Amelie avete capito cosa ho provato a fare un giro in questo mondo surreale e dimenticato, altrimenti andatevela a vedere e capirete. Per sognatori e sognatrici.
Colpisce la presenza dei sei sul palco, lâesecuzione ed il feeling musicale della band è straordinaria se tieni conto di come i componenti provengano da progetti (Surgery,En Plein Air)differenti tra loro e completamente estranei a quello de Il Muro del Canto. La voce di Daniele è profonda e potente, viene dalle viscere, forse perchè è proprio lĂŹ che ti vuole riportare, in profonditĂ . Ringraziamenti a Le Cardamomò e a Carlo Roberti, Locanda Atlantide sold out, la formazione adesso propone la dolce La Terra eâ bassa; i testi dalla cadenza romana de Il Muro del Canto sono semplici ma completi, il pensiero arriva diretto e vivido, nei modi in cui solo un romano verace spesso si sa esprimere. Segue E intanto il sole si nasconde, omaggio al cantautore Stefano Rosso venuto a mancare nel 2008. La componente narrativa allâinterno della produzione musicale è solidamente presente anche nellâesecuzione di Serpe ân Seno, traccia che ci racconta i dolori di un uomo che scopre di essere stato tradito dallâamata. La prestazione è coinvolgente, il pubblico partecipa e canta, il legame creatosi tra palco e platea è sincero e reale. Tra una traccia e lâaltra Il Muro del Canto ci propone intermezzi tipici della tradizione romana, è la volta del canto anticlericale Quanno Che More un Prete, cantata con passione dal pubblico divertito, a cui segue senza interruzione Chi Mistica Mastica, altro pezzo forte della band romana, dallâesecuzione pulita e senza sbavature. Segue LâOrto Delle Stelle e San Lorenzo, omaggio al celebre quartiere romano raso al suolo dalle bombe americane il 19 Luglio 1943, brano cantato e fortemente sentito dai tanti romani presenti. Neanche un secondo per riprendersi e giĂ siamo sulle potenti note di La spina, che ci parla di sentimenti sofferti e non goduti, di amori dolorosi.
Poi una pausa che Alessandro riempie con un graffiante e surreale monologo in rima: la storia di un morto che descrive il giorno del suo funerale e tutta lâipocrisia che ruota attorno ai personaggi che animano la vicenda di cui è silenzioso ed immobile protagonista; alla fine dice: âFurbi li parenti..me mettono li fiori finti cosĂŹ non ce devono tornaâ..â: ti fa riflettere ma soprattutto sorridere amaro. Continua la performance, arrivano La Luce Mia, dalla tradizione Lamento di un Servo ad un Santo Crocifisso, poi la bellissima e tragica Addio seguita dallâironica e corrosiva Quanto Sete Brutti. Ringraziamenti a tecnici e fonici, ad Ausgang e Locanda Atlantide lâottima performance si conclude sulle note di Arrivederci Roma, ballata da tutto o quasi il pubblico presente. Unâora e quaranta minuti, un bel concerto, pubblico e musicisti soddisfatti. Le storie che ci canta Il Muro del Canto sono le storie di una Roma antica, la Roma dei vicoli, delle zaccagne appuntate sotto i tavoli dove si gioca a scopone, di quella Roma sotterranea che oggi non esiste piĂš. Una storia bella però, dâamore e gelosie e di coltelli, narrazione musicata che si riallaccia alla nostra nostra storia moderna, dal sapore unico, certe volte triste ed amaro ma domo mai, dal sapore nostro.
Un ringraziamento speciale a Il Muro del Canto, Ausgang e Locanda Atlantide per averci ospitato