Score
Artwork
Potenzialità
Concept

Trovo altamente significativo il fatto che questo loro nuovo lavoro veda la luce quasi in contemporanea con la pubblicazione di Veleno di quei Fleshgod Apocalypse che stanno portando alla ribalta la formula tanto cara a Cristiano Borchi e soci: un difficile connubio tra metal estremo e death metal con forti sfumature sinfoniche. Anche in questo Far, Cristiano Borchi e soci non abbandonano il sentiero a loro familiare ma lo impreziosiscono con una produzione di alto livello che rende giustizia ai loro sforzi. I tanti suoni presenti, il cantato growl, lo scream, la tastiera non si sovrappongono disordinatamente ma riescono a trovare ciascuno il proprio spazio.
Trovo giusto soffermarsi sullo stile vocale che, più di ogni altro elemento, testimonia la volontà di fondere black e death ciascuno accompagnato dal cantato più caratteristico. Personalmente trovo più centrato il growl e all’inizio lo scream lascia un po’ spiazzati ma si finisce per abituarsi, dato che l’alternanza prosegue praticamente in ogni traccia. Da evidenziare anche la bontà del lavoro di quel martello di David Folchitto alle pelli, protagonista di un incessante e sfiancante lavoro ritmico capace di alternare poderose cavalcate e sapienti frenate senza perdere un colpo. Ammetto che poterlo riascoltare a così breve distanza dalla sua performance coi Fleshgod Apocalypse è stato davvero un piacere. Tastiera e orchestrazioni raramente si impongono con un ruolo di primo piano ma riescono comunque a svolgere il proprio lavoro di sfondo sul quale soprattutto le voci si muovono con facilità.
L’opener Leviathan svolge egregiamente il proprio lavoro di sintetizzare da subito tutti gli elementi cari alla band: drumming potente, chitarre estreme e tanta sinfonia su cui si alternano i diversi stili di cantato di cui abbiamo già discusso. Il ritmo non cala nemmeno nella successiva, ma non ugualmente convincente, Mediterranea. La band ricomincia a fare sul serio con la title-track Far che sa conquistare con il passaggio da un mid tempo ben orchestrato ad una seconda parte più violenta in cui la fanno da padrone i blast beat di Folchitto, il tutto seguito dall’apparizione al microfono di Marco Palazzi, cantante dei Sailing to Nowhere. Sicuramente uno dei brani migliori del disco.
Fortunatamente le note positive non si esauriscono qui e a seguire troviamo Sherden, dedicata agli Sherdana, ritenuti da alcuni gli antichi abitanti della Sardegna, che si apre col basso di Francesco Bucci per poi esplodere in un mid tempo reso potente dall’incessante doppia cassa. A questo punto le chitarre di Angelini e Caprino si orientano su un inaspettato riffing orientato più sul thrash/death che culmina in un ottimo assolo conclusivo. La successiva Crimson inizia ricordando in modo molto evidente il death nordico, in particolar modo gli Amon Amarth e nella parte centrale troviamo probabilmente la sezione in cui gli strumenti riescono a fondersi e mescolarsi nel modo migliore per poi sfociare in un finale più orientato alle sonorità black metal.
L’unica pecca di questo ottimo Far è notare come da qui in avanti le soluzioni elaborate dai ragazzi capitolini finiscano per risultare meno originali e sorprendenti, finendo per seguire pattern ormai divenuti abituali e questo vale per Cimmeria, Invictus e Romulus. In questo senso la successiva Vacuna tende a farsi preferire per la sua alternanza di ritmi, con un continuo sali e scendi impreziosito dal solito furioso drumming, dalla drammaticità delle orchestrazioni e dall’ottimo gioco di voci. Un brano ottimo che non da respiro all’ascoltatore, mai libero di adagiarsi. Il disco si chiude con la solenne Levante di cui rimane impresso in particolare il breve coro gregoriano. Sono passati tanti, forse troppi, anni dall’ottimo Hesperia ma gli Stormlord hanno dimostrato di essere più vivi e battaglieri che mai con un disco sicuramente non facile ma che sa conquistare e restare impresso.
Tracklist:
- Leviathan
- Mediterranea
- Far
- Sherden
- Crimson
- Cimmeria
- Invictus
- Romulus
- Vacuna
- Levante