Dopo 5 anni dall’ultimo album in studio (Years of Refusal del 2009) il 15 luglio viene ufficialmente pubblicato il decimo album solista di Morrissey: World Peace Is None of Your Business. Capolavoro già solamente per il titolo, che racchiude in un’unica frase l’ironia, il pensiero e le provocazioni sempre contrari ad ogni schema e sistema dell’autore. Morrissey stavolta ci offre un gioiellino inatteso, perché gli album degli ultimi anni si erano oramai attestati su una media più che dignitosa ma abbastanza distante dai livelli di lavori come Viva Hate (1988), Your Arsenal (1992) o del più recente You Are the Quarry (2004) che segnò il ritorno in grande stile dopo sette anni di silenzio discografico. Nelle 12 tracce del disco ( che diventano 18 nella versione deluxe) c’è tutto ciò che ci si aspetta dal miglior Morrissey, sia nell’intensità dei testi che nell’universo sonoro, ma anche quel qualcosa in più che contraddistingue i lavori che lasciano il segno.
Il pezzo d’apertura, la title-track World Peace Is None of Your Business, è già nel titolo un capolavoro: “La pace mondiale è affar tuo… Il ricco deve trarre profitto e diventare più ricco e il povero deve rimanere povero… Ogni volta che si vota si sostiene il processo…”; ed è tipico di Morrissey trattare di questi temi utilizzando sonorità cantilenanti, quasi come fossero delle fiabe musicali. E’ infatti tramite il ricorso a questo contrasto, a questo paradosso, che si rafforza e si dà maggior effetto alla potenza del messaggio.
Neal Cassady Drops Dead assesta invece qualche pugno secco nello stomaco con un sound costruito da accordi di chitarra distorta che si stagliano su una ritmica dub anch’essa distorta ed alterata; la voce melodiosa di Morrissey sopraggiunge evocando l’immagine di Allen Ginsberg piangere sul cadavere dello scrittore Neal Cassady, protagonisti entrambi della Beat Generation. Nella seconda parte del brano, che ha comunque un incedere da rock-ballad un po’ ipnotica, si inserisce una chitarra acustica spagnoleggiante, caratteristica insolita nella produzione musicale di Morrissey, che invece in questo album incontreremo diverse volte.
Segue I’m Not a Man, il cui unico difetto è una intro di suoni distorti e riecheggianti che dura un minuto e mezzo; poi ecco che con un classico avvio dolce, da easy listening, partono le staffilate: “Io non sono un uomo, sono qualcosa di molto più grande e meglio di un uomo… Non ucciderei o mangerei mai un animale, e non avrei mai distrutto questo pianeta… Quindi, cosa pensi che sia? Un uomo?”.
Istanbul, ci ricorda vagamente ( e piacevolmente!) l’amata How Soon Is Now? degli Smiths, ma le sonorità mediorientali ci riportano al tema che tratta di un padre alla disperata ricerca del figlio, una famiglia turca spezzata dal dolore e della speranza che si disperde nei meandri della città di Istambul.
Il flamenco di Earth is the Loneliest Planet ci coglie di sorpresa, il brano è sicuramente uno dei più “radiofonici” dell’intero album ed anche uno dei nostri preferiti. Torna qui il sound “latineggiante” di cui scrivevamo prima, e si inserisce senza sbavature nell’impianto più tipicamente pop-rock “morriseyano”, grazie anche ad una scelta attenta di suoni ed arrangiamenti.
In Staircase at the University ritroviamo le consuete atmosfere noir tanto gradite all’artista: il testo parla di una ragazza che si uccide buttandosi di sotto da una scala perché non riesce a conseguire voti buoni a scuola; il brano è ritmato, ben orchestrato e si avvicina nel suo genere a pezzi celebri come The Last of the Famous International Playboys o You’re the One for Me, Fatty.
Con The Bullfighter Dies si torna al tema animalista:”Il torero muore, e nessuno piange… Nessuno piange perché tutti vogliono che il toro sopravviva…”. Anche questo brano ha ovviamente, dato il tema, un sapore latino accentuato dalla presenza di una fisarmonica.
Ritmo, sonorità latine, nacchere e trombe per Kiss Me a Lot, un gioiellino pop che potrebbe tranquillamente scalare le classifiche musicali. Smiler with Knife è invece un’altra tipica ballata in crescendo con chitarra acustica e la voce di Morrissey in primo piano.
Un’intro di organo funebre preannuncia Kick the Bride Down the Aisle, e questa volta ad essere nel mirino dell’artista è il tema del matrimonio:“Calcia la sposa all’altare, e non commettere errore, è il meglio che puoi fare per il bene di tutti…”; chissà quanti ascoltando non possono dargli torto?
In Mountjoy la voce è accompagnata dalla sola chitarra acustica e dagli archi; Mountjoy è un carcere di Dublino e Morrissey sostiene che spesso la vita è una prigione:”Tutti noi perdiamo. Ricchi o poveri, tutti noi perdiamo. Ricchi o poveri, tutti perdono”.
Oboe Concerto è il brano che conclude il disco, e tristemente affronta il tema dell’invecchiamento e della morte:”Tutti i migliori sono morti, e c’è una canzone che non sopporto, ed è bloccata nella mia testa… Tutto ciò che faccio è bere agli amici assenti…”.
In ogni caso, anche se gli anni passano ineluttabilmente, non è di certo giunto il momento per Morrissey di guardare troppo al passato o pensare all’invecchiamento. Con questo album ha dimostrato di essere in ottima forma, innalzando indubbiamente la qualità media delle sue produzioni dell’ultimo decennio. Di certo non sarà per merito di questo nuovo disco che conquisterà nuovi fans: chi lo ama continuerà ad amarlo, chi non lo ama continuerà a farne a meno. Noi, lo ammettiamo pubblicamente, siamo del parere che senza Morrissey e gli Smiths, gli ultimi 32 anni di storia della musica rock sarebbero completamente da reinventare.
Tracklist:
1. World peace is none of your business
2. Neal Cassady drops dead
3. I’m not a man
4. Istanbul
5. Earth is the loneliest planet
6. Staircase at the university
7. The bullfighter dies
8. Kiss me a lot
9. Smiler with Knife
10. Kick the Bride Down the Aisle
11. Mountjoy
12. Oboe Concerto