Score
CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'
Conclusione : Esterofilo
I Dropeners sono un complesso ferrarese giunto, con questo In The Middle, al terzo appuntamento discografico, dopo un altro album ed un Ep come intermezzo. Atipici nel panorama nostrano per il loro genere, un alternative rock sintetico e smaterializzato, melodico e onirico, ai limiti dellāelettronica. Lāattesa per lāuscita di questo nuovo lavoro in studio era discretta, visto che in molti avevano apprezzato le fatiche precedenti. Anzi, ad essere discreta non era lāattesa in sĆ© per In The Middle, piuttosto la fiducia riposta nei quattro ragazzi romagnoli. Sicuri che anche cinque anni dopo lāesordio sapranno ripetersi, che anche questāalbum saprĆ ammaliare, che non deluderĆ . Ed ĆØ cosƬ considerevole, che, con una piccola esagerazione, possiamo definirli in odor di santitĆ .
In The Middle si caratterizza, rispetto agli episodi precedenti, per un uso maggiore degli strumenti e una minore cura dietro il computer, dopo le registrazioni. Rimangono le percussioni sintetiche, sapienti e delicate, ma anche poderose nellāincedere. Sono il necessario punto di appiglio di una composizione che dilata enormemente gli spazi, che disorienta per il suo onirismo e che, purtroppo, nellāestrema semplicitĆ di alcuni passaggi tedia e soffoca lāascoltatore. Ma sono pochi i passaggi in questione. Per il resto, tante melodie vincenti, costruite dalla voce o dagli intrecci chitarristici, su un tappeto elettronico a realizzare una perfetta amalgama, un intreccio mirabile, punta di diamante della musica suonata dai ferraresi. Dunque, la complessitĆ della scrittura ĆØ il vero ago della bilancia. Nei brani più essenziali, dove la composizione diventa monocolore, resiste lāattrazione per le melodie, cosƬ efficaci, ma si rischia dāinciampare nella ripetitivitĆ . Ed ĆØ invece quando la polpa acquista una maggiore soliditĆ che i Dropeners riescono a fare la differenza; con la stratificazione di più strumenti, quando ad esempio intervengono i fiati, la capacitĆ di creare una miscela vincente emerge ed anche lāascolto ne giova.
Provare a tracciare le coordinate di un suono cosƬ sfuggente e indefinito, soprattutto se atipico nel roster italiano, non ĆØ facile. Gli U2 più disciolti, sicuramente sƬ; quelli di Achtung Baby. Ma per vie traverse; eccezionalmente, quindi. Il pop dāoltre manica fa da padrone nellāalbum, strizzando lāocchio ai primi Coldplay (sperando non arrivi anche per i Nostri il rincoglionimento che ha colpito Martin e soci); negli umori dimessi e nei sottofondi sonori riecheggiano i Radiohead di Kid A, anche se manca la sapienza dei britannici nel travolgere lāascoltatore con pochi tocchi di tastiera e qualche effetto alle percussioni. I Dropeners migliori emergono quando non ĆØ solo la melodia a colpire lāascoltatore, vedere per credere le tracce meglio riuscite (Normalize, Ruins Behind), ma una miscela sensuale alla maniera degli XX. Oppure quando imbracciano i fiati per creare sofisticate strofe fanfaristiche che richiamano, per lāessere in continua tensione nel vuoto aspettando lāesplosione, il magnifico album di Jonathan Wilson targato 2013, Fanfare.
Quindi lāodor di santitĆ non li ha storditi, nĆ© distratti. Tuttavia, manca ancora qualcosa al quartetto per affermarsi. Ma la strada ĆØ quella giusta.
Tracklist:
1. Rule Of Pressure
2. You Donāt Know
3. Normalize
4. Lead Your Light
5. Distance
6. Without Colour
7. Mr.President
8. The Hill
9. Ruins Behind
10. Western Dream