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Kpanic – Asylum (Autoprodotto, 2013) di Giovanni Paoluzzi

Kpanic è una combo di Perugia che risponde all'appello di "grunge crossover anni 90". Asylum e' il loro debutto con il quale propongono 11 tracce con testi in inglese, un lavoro che presenta molte sfaccettature dalla ricerca di un suono ispirato e di carattere. Tuttavia, purtroppo, e' proprio l'efficacia con cui le tracce trasmettono questo suono a variare lungo l'ascolto. Il mix di grunge (e a volte nu metal) nel crossover risulta davvero ben amalgamato e arriva piacevolmente all'orecchio di un amante del grunge come chi scrive. Ci sono momenti in cui nelle voci e nelle chitarre si avverte…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Crossover da distillare

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KPANIC-Asylum-IconKpanic è una combo di Perugia che risponde all’appello di “grunge crossover anni 90”.
Asylum e’ il loro debutto con il quale propongono 11 tracce con testi in inglese, un lavoro che presenta molte sfaccettature dalla ricerca di un suono ispirato e di carattere. Tuttavia, purtroppo, e’ proprio l’efficacia con cui le tracce trasmettono questo suono a variare lungo l’ascolto.
Il mix di grunge (e a volte nu metal) nel crossover risulta davvero ben amalgamato e arriva piacevolmente all’orecchio di un amante del grunge come chi scrive. Ci sono momenti in cui nelle voci e nelle chitarre si avverte l’influenza degli Alice in chains, in particolare nei momenti dissonanti e i Nirvana in quelli pressanti: non si può non notare che i Kpanic abbiano saputo carpire l’essenza piena di quelle band, fermo restando che a volte creare un giusto mix rischia di andare ad inficiare l’originalità e la personalizzazione artistica della propria musica.
La title track apre l’album con un riff di ingannevole ispirazione neo-punk di quegli anni, poi il suono vira verso quello che e’ lo strumento più deciso in tutto l’album: il basso, con una piacevole presenza a meta’ tra il saturo e il granitico. La chitarra sperimenta diverse soluzioni in termini di suoni e di arrangiamento, sicuramente mai banale, la batteria fa il suo lavoro mentre la voce lascia un po’ a desiderare con un timbro decisamente troppo sottile per la consistenza ardita della band, complice anche un missaggio “all’inglese” dove tende a rimanere “in mezzo agli strumenti” anzichè emergere.
Beware the Dog ne e’ un altro esempio, dove il cantato arriva all’altezza della solidità della band solo nel ritornello quando diventa un coro a più voci.
Brano molto interessante e’ invece A day for the sun dove emergono l’eclettismo, le differenti ispirazioni stilistiche della band e l’ardita scelta di sorvolare trasversalmente questi generi, proponendo un intro di ispirazione new wave ad un cantato nel ritornello in stile Travis Meeks alzato di 2 toni e mezzo. Questo, ahinoi,  non esente dal classico accento italiano nella voce ( “what kind of game are you making…” nella prima strofa ne è un esempio) che rappresenta il primo scoglio che un qualunque cantante non madre lingua deve abbattere il prima possibile.
Someone else inizia con la band unita in “basso 5 corde + chitarra 7 corde” impegnata in un riff sul registro basso dei Korn, che poi improvvisamente vira su una strofa con cantato sottile sopra la chitarra-tremolo, mentre batteria e basso si ostinano in un martellare di ottavi.
A volte c’e’ la sensazione che il missaggio non abbia reso giustizia alla scelta dei loro suoni, per cui gli strumenti risultano un po’ “scollati” e poco compatti come invece le loro intenzioni lascino intendere. Ad ogni modo quello che l’esecuzione da parte dei musicisti lascia percepire è che i continui giochi di chitarra pesantemente distorta che stacca per proseguire con note singole meno pesanti per poi tornare presente e solida nei ritornelli non riesce ad emergere in termini di “compatto muro di suono”.
A chiudere il lavoro ci sono 2 brani interessanti per due diverse ragioni: The Hunt, per la sua efficace miscela di metal e di crossover fusi in un brano che risulta forse il più diretto dell’intero lavoro e  Be or not to be, che testimonia come la timbrica e la scelta stilistica della voce di Marco Riccio siano più adatte ad ambiti con risonanze acustiche rispetto al sound macinato da basso batteria chitarra nei brani dell’album.
Asylum è un lavoro apprezzabile dai palati eclettici e dagli amanti degli arrangiamenti ispirati. Tenendo presente che si tratta di un debutto, la valutazione non può che essere positiva, ma non oltre. Siamo certi che con una produzione più dispendiosa la band potrebbe acquistare una maggior dose di groove, anche se a livello creativo il consiglio sarebbe quello di staccarsi dalla scansione ritmica ad ottavi.

Tracklist:

1. Asylum

2. Beware The Dog

3. Bad Things

4. A Day For The Sun

5. Be Yourself

6. Someone Else

7. Another Day

8. Dummy

9. If I Would

10. The Hunt

11. Be Or Not To Be


Commenti

Stefano Capolongo

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