Per gli Ulver quella di oggi è la terzultima data del tour, e la location scelta è il Circolo degli Artisti; mi è già capitato di ascoltarli dal vivo in altre due occasioni, ma il concerto di oggi presenta alcune sostanziali differenze con quelli da me visti in precedenza. La prima è la singolare mancanza di gruppi spalla, premessa indispensabile per introdurre la seconda: l’allungamento della setlist. Per esperienza, ritengo che “il minimo sindacale” dal vivo per una band sia di un’ora e mezza. Nelle due date da me presenziate gli Ulver non l’hanno mai raggiunta, fermandosi a sessantacinque minuti. Stavolta la durata arriva a novantacinque,con mia grande soddisfazione. Chiusa questa doverosa parentesi, veniamo alla descrizione della serata. La sala è piena per tre quarti quando gli scandinavi prendono posto sul palco. Impressionante la quantità di strumentazione schierata, d’altronde hanno sempre aggiunto dei musicisti in più alla line-up di base. Dopo una lunga intro di dieci minuti (con tanto di batteria percossa con catena) dal sapore elettro/rumoristico, veniamo a England, pezzo soft tratto dal terz’ultimo album – non conteggio il recente split con i Sunn O))) – War Of The Roses in cui compare anche la morbida voce di Kristoffer Rygg, al secolo Garm.
Anche se i tempi black metal sono lontani e non torneranno più, il gruppo ha mantenuto uno zoccolo duro di supporters, i quali gli riconoscono la volontà di rinnovarsi e di sperimentare (però… perchè questa “tolleranza” non si applica anche ad altri nomi?). Altri invece pensano si siano troppo “ispirati” ad altre bands (Coil in primis), oltre a portare avanti un discorso musicale al di fuori dalle loro corde. Come dico spesso in questi casi, ognuno è libero di avere una propria opinione al riguardo. Per quanto mi riguarda esulo da simili discorsi, limitandomi ad apprezzare le idee dietro canzoni dall’atmosfera trip hop come Dressed In Black da Blood Inside, oppure Doom Sticks – dall’ep A Quick Fix Of Melancholy – con il suo mix d’influenze classiche e ambient su base elettronica. Dopo questa prima parte, la band decide di eseguire tre pezzi totalmente inediti; lo stile è basato su un’alternanza elettro/tribale con inserimenti di chitarra acida e psichedelica, mix decisamente interessante e da riascoltare attentamente quando uscirà un nuovo lavoro (non a brevissimo comunque). Trovo le vocals di Rygg migliorate rispetto ad altre occasioni, ma ancora non al livello delle registrazioni in studio; alcuni passaggi sono “tirati”, segno di corde vocali sforzate in maniera scorretta. Il pubblico mostra comunque di apprezzare molto, applaudendo ed incitando la band (anche troppo) nei cali di intensità del sound. Il set si conclude con Glamour Box (Ostinati) – tratta da Messe I.X – VI.X – e due estratti elettronici da Perdition City, mentre il bis è affidato a Eitttlane, remix di una traccia (Nattleite) presente su Kveldssanger. In sintesi, concerto molto gradevole e con un buon numero di presenze. Non è chiaro per quanto i lupi norvegesi continueranno a fare tours, quindi consiglio a chiunque di vederli live almeno una volta. Ovviamente non aspettatevi il vecchio materiale. Sbagliereste completamente indirizzo.
Setlist:
– Unknown (Improvisation)
– England
– Dressed In Black
– Doom Sticks
– Unknown (Improvisation)
– Unknown (Improvisation)
– Unknown (Improvisation)
– Glamour Box (Ostinati)
– Tomorrow Never Knows (Last part of the original song with verses from Ecclesiastes 3)
– Nowhere/Catastrophe
– Eitttlane