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Piccola Orchestra Karasciò – Apologia (Autoprodotto, 2013) di Martina Tiberti

Lavoro ambizioso quello della Piccola Orchestra Karasciò ,undici canzoni dal sapore narrativo che vengono congiunte come le perle di un rosario in una favola mitologica, l’incarnato di una realtà divertente, amara e vigorosa, un viaggio attraverso le meraviglie contrastanti di un mondo in cui tutto è possibile, vivere come morire, perché ‘la fortuna è una puttana e prega che trovi il tuo letto’. L’incipit è accattivante: Apologie è la danza pagana che ci travolge nel cammino con passi ubriachi e divertiti, un ritorno alle radici per superare la consapevolezza di una sofferenza a lungo taciuta. Ma è con Sole…

Score

CONCEPT
ARTWORK
POTENZIALITA'

Conclusione : Folk-rock alchemico

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karasciòLavoro ambizioso quello della Piccola Orchestra Karasciò ,undici canzoni dal sapore narrativo che vengono congiunte come le perle di un rosario in una favola mitologica, l’incarnato di una realtà divertente, amara e vigorosa, un viaggio attraverso le meraviglie contrastanti di un mondo in cui tutto è possibile, vivere come morire, perché ‘la fortuna è una puttana e prega che trovi il tuo letto’. L’incipit è accattivante: Apologie è la danza pagana che ci travolge nel cammino con passi ubriachi e divertiti, un ritorno alle radici per superare la consapevolezza di una sofferenza a lungo taciuta. Ma è con Sole e Calipso che il viaggio, inteso come spostamento corporeo e spirituale, ha davvero inizio. Sembra quasi di vedere il mare sotto la scogliera argentata che circonda l’isola su cui ci troviamo. Un basso pulsante e insistente scandisce il ritmo dei nostri passi che si dirigono senza il nostro consenso in una vecchia balera da quattro soldi. E mentre con la bocca arsa dal calore agostino sorseggiamo il primo bicchiere di vino, intorno si spande un paesaggio acquatico e mitologico, la scenografia perfetta per il ritorno insperato verso l’amore, perché ‘non ci sono soste mentre immagino il tuo profumo e le tue mutandine rosse’. Arriva rabbiosa Mediterraneo. Ritmica camminata e chitarre prog incalzano decise verso l’apertura narrativa di un ritornello leggero, cosicché le strofe serrate si aprono nella morbidezza di una favola estiva. In Abilmente differente è ancora il ritornello l’arma segreta di un serpente incantatore che nel resto del brano si nasconde serpeggiando tra rovi di parole aspre e disilluse.  Storia dell’abbandono della terra amata e rivisitazione nostalgica di una ballata folk-decadente Ultima Stazione devia il viaggio in un addio e arriva la paura della perdita che solo le note vivaci e festose del ritornello riescono a sopire. Dopo un’analisi critica della società moderna soffocata da vestiti portati da gente comune, la Piccola Orchestra ci offre il reggae di Il club delle sei del mattino, forse chissà, per spezzare i fasti di un folk cantautoriale e diversificare le danze. Si chiama fame è ancora una ballata amara e scanzonata dove l’amarezza cede il passo ad una danza derisoria e impertinente. Tanto di cappello quindi ad un disco da ascoltare con tanto di libriccino alla mano, un concept che merita attenzione, se non altro per fermarsi e pensare, riflettere, sentire più che mai.

 

Tracklist

1. Apologie
2. Sole e Calipso
3. Mediterraneo
4. Abilmente Differente
5. Ultima Stazione
6. Il padrone di casa
7. La danza del parrucchino
8. Il club delle sei del mattino
9. Si chiama fame
10. Pensaci bene
11. L’inferno dei viventi


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Martina Tiberti

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