“Addio cara Livia. Dopo di questa confidenza vado a cucciarmi pensando che il più bel paese è quello dove sei tu” scriveva Italo Svevo nel 1885 alla sua Livia Veneziani: a distanza di quasi centotrenta anni Francesco Di Bella (non sappiamo quanto volontariamente) utilizza, sebbene lievemente rovesciato, lo stesso concetto (si cercassi dind a n’ata città, na canzone che nun trovo cchiù, me perdessi a chiù ella perché… qua ce stai tu) in L’alba. Questo toccante brano è contenuto nel suo esordio da solista Francesco di Bella & Ballads Café, uscito lo scorso 19 Novembre. Dopo l’esperienza con i 24 Grana, il cantautore partenopeo raggiunge una dimensione profondamente intima per raccontarci ciò che per lui conta davvero: la vita, l’amore e Napoli e tutte le gioie e i dolori che la mescolanza di questi elementi produce. Incominciando dalla stupenda Vesto sempre uguale, malinconico dipinto sull’immutabilità di certe condizioni umane, e dalla già citata L’alba, le undici tracce che si snodano dolcemente sono brani già presenti nel repertorio di Francesco di Bella (ad eccezione di Napule se sceta). All’interno di questo corpus convivono specularmente e pacatamente vari topos della canzone napoletana di qualità come il blues cantautoriale di Daniele (Luntano), il dub degli stessi 24 Grana (La costanza) e il rock italiano classico che sposa il moderno (Marta sui tubi e Giovanni Truppi). Francesco di Bella & Ballads Café è una danza che, senza alcuna pretesa didattica o moralistica, ci porta nei vicoli di Napoli mostrandoli nelle giornate più dure (Carcere) e in quelle più felici (Accireme), senza mai perdere di vista il trait d’union, rappresentato da un amore per il racconto quasi trovatoriale. Territorio, ma anche molta biografia nelle liriche di Di Bella che facendo vibrare la sua chitarra punta anche sull’escatologia (Canto pe’ nun suffrì) per dare un nome e un colore al fuoco che muove il suo cuore.
A Napoli ogni novità, cambiamento o idea che investe il mondo musicale viene carpita e fatta propria sempre più rapidamente di altre zone ed anche oggi, complici anche i tempi nero-fumo che viviamo, la musica si adegua partendo proprio da qui.
Il “cardillo addolorato” non ha solo dato alla luce un disco profondissimo ma ha messo sul piatto le sue emozioni al momento giusto e nel modo più semplice e vivo possibile. Basta dare uno sguardo all’artwork per capire che Di Bella vuole raccontare se stesso, invitandoci a sedere ad un tavolo insieme a lui.
Tracklist:
1. Vesto sempre uguale
2. L’alba
3. La costanza
4. Luntano
5. Kevlar
6. Accireme
7. Napule se sceta
8. Carcere
9. Canto pe nun suffrì
10. Introdub
11. Resto acciso