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Psychic Ills @ Blah Blah, Torino (Testo di Simone Pilotti, Foto di Carlotta Fanizza)

Psychic Ills @ Blah Blah (TO) 10-13_08Gli Psychic Ills capitano a Torino nel corso della fase europea del loro tour che proseguirà ancora in Italia, passando per Roma, Bologna e Cesena, per poi superare la frontiera verso Slovenia. La band nasce a New York nel 2003 e in dieci anni colleziona una manciata di Ep e quattro album. L’ultimo di questi, One Track Mind, è uscito quest’anno e raccoglie dieci tracce frutto delle loro sperimentazioni musicali, dei loro luccichii psichedelici e del loro rock lento e sottile. Se i primi dischi erano caratterizzati da atmosfere più sintetiche, risultati di un massiccio utilizzo di effetti elettronici (qualcuno li aveva accostati agli Spaceman 3), l’ultimo lavoro si avvicina maggiormente a suoni pop, più corposi e meno essenziali, più avvolgenti e meno onirici.

In quella saletta piccola che è il Blah Blah si esibiscono i tre ragazzi appartenenti al gruppo accompagnati da altri due musicisti, uno alla chitarra e uno alle tastiere. Pubblico ce n’è poco, aspettative, da parte mia, qualcuna in più. Il sound si caratterizza, fin da subito, per la capacità di giostrare su pochi riff l’evoluzione delle canzoni. Per il resto, lo stile è il loro tipico: lenti crescendo e ritornelli improvvisi accompagnano tutto il concerto, scaldando il locale. I ritmi sempre molto cauti e le armonie vocali ipnotiche  seducono gli ascoltatori, ma offrono anche il fianco alle critiche per la poca varietà stilistica che può indurre alla noia.

Psychic Ills @ Blah Blah (TO) 10-13_03Devono carburare, gli Psychic Ills, vista la partenza un po’ lenta, complice anche qualche difetto sonoro che verrà presto sistemato. Inizialmente il suono sembra anche troppo disordinato, ma la psichedelia, quella si, si prospetta chiaramente. Poi, però, il gruppo riesce a dare il meglio, si impone, cattura e trasporta il pubblico. Si succedono i riff dell’ultimo album; prima See You There, poi One More Time e poi ancora Tried To Find It, e tra una canzone e l’altra un immancabile bicchiere di vino.  Le chitarre e i loro pedali cullano i partecipanti, la voce flebile sembra uscire come lava dal caos sottostante di Might Take A While. Le linee di basso e gli accordi di chitarra di FBI incantano e creano una base rumorosa, mentre lo spettacolo si dispiega. Mentre si avvicina la fine del concerto, i ragazzi eseguono prima la strumentale Western Metaphor, un vero e proprio viaggio spaziale, a cui segue Depot, ovvero un post-punk lento ed intervallato solo dalle schitarrate rabbiose. Sebbene le poche note su cui si fondano le canzoni alla lunga potrebbero causare unainsopportabile pesantezza, gli Psychic Ills rimangono stimolanti e affascinanti per tutta la durata del live.

Usciamo con le orecchie perforate dai bagliori noise, ma ammaliati dalle armonie pop, soavi e raffinate. I cinque americani, con quel fare un po’ ermetico, quei movimenti da hipster, quelle camicie da indie-rocker, hanno saputo convincere il pubblico, senza peccare in originalità o prevedibilità. Nonostante il sound sia da perfezionare e malgrado in studio debbano ancora trovare il modo di catturare l’ascoltatore così come riescono nei live. E’ stata assolutamente una bella serata; ci ha lasciati esausti e perforati.


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Simone Pilotti

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