Gli Irlandesi God is an Astronaut tornano a Roma, più precisamente all’Orion Club. A dargli il benvenuto, una folla incredibilmente folta e numerosa. Nonostante questo, il pubblico risulta voglioso, attento ed assolutamente ordinato, dimostrando fame per quelle atmosfere piuttosto riconoscibili che i G.I.A.A. continuano a regalare durante i loro show. Ad aprire le scene, il dream pop avvolgente dei Romani Snow in Mexico, formati da Andrea Novelli e Massimiliano Cruciani. Anche in questo caso, sono le atmosfere sospese a farla da padrone. Chitarra morbida e cristallina, pesantemente riverberata, a spezzare un tappeto di suoni generati dalle tastiere e dai synth che sanno di Cure vecchia maniera. Una lunga litania a precedere lo show della band headliner, fin troppo sospesi forse e spesso sembra di ascoltare lo stesso brano, comlice un concept molto stabile ed ermetico che non lascia mai il proprio sentiero. Poco male in realtà, la conferma di un’identità sonora è molto importante per band dalla formazione minimal, ed in questo caso il concetto è più che evidenziato, anche se forse non avrebbe guastato un po’ di ritmo meno blando. Il pubblico risponde comunque molto bene, nonostante la grande differenza di stili tra gli Snow in Mexico e l’esplosione di suoni che andranno a colpire una platea formata dalle età più disparate.
Piccola pausa mentre viene allestito il palco per i God is an Astronaut, la band Irlandese presenta l’ultimo attesissimo album: Origins (2013). La critica musicale è apparsa discordante su quello che rappresenta un effettivo cambio di stile per i G.I.A.A., se non altro per l’originalità un po’ persa disco dopo disco. Torsten Kinsella (voce e chitarra), Niels Kinsella (basso), Jamie Dean (tastiere e synth), Lloyd Hanney (batteria) e Gazz Carr (chitarra) danno comunque vita ad uno spettacolo incredibile. Le atmosfere rarefatte che solitamente contraddistinguono lo show dei G.I.A.A. hanno meno spazio, in favore di galoppate elettriche figlie di una probabile evoluzione portata anche dal nuovo album. Torsten e Niels Kinsella si agitano in schitarrate violente e spesso rabbiose, sul palco circolare di un Orion Club che permette all’intera platea di seguire con buona visibilità tutta la performance. Gazz Carr, chitarrista prettamente più ritmico e preciso, appare leggermente più distaccato, probabilmente concentrato nel proprio delicatissimo ruolo di spina dorsale. Il pubblico non sembra averne mai abbastanza, fra brani vecchi ed (ovviamente) nuovi, si va avanti per circa un’ora e mezza, passando per Calistoga, Transmissions, Exit Dreams e Suicide by Star.
In conclusione, un pubblico incredibilmente numeroso acclama i God is an Astronaut anche oltre la fine del concerto, accalcandosi nell’area merchandising per rimediare foto ed autografi, una vera e propria festa per gli amanti della Musica di un certo livello, qualità da ogni punto di vista.
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