
A metà troviamo il punto più alto dell’intero album: la dolcissima Ecco la felicità, sognante, coinvolgente e con un testo delizioso (ecco la felicità, che mi coglie impreparato senza un modo di comprenderla): un’epifania di purezza. Il crollo cui si accennava in precedenza non è mai definitivo, anzi lascia sempre spazio ad una fiduciosa, anche se incerta, rinascita (chiudi gli occhi per vedere cosa c’è, dopo il gran finale del capitalismo). La chiosa è lasciata alla title track Disordine e ad Esistere dove nella prima un incedere di ritmi al limite del tribale enuclea un concetto importante, quello del caos (che imparerai ad amare) e nella seconda assistiamo ad un gioco meraviglioso di ossimori, caratteristica dominante delle nostre esistenze.
L’abilità di Cosmo sta proprio nell’indagare il microcosmo degli esseri umani, fatto di gioie, dolori, lacrime, paure e morte sotto una lente quasi atomistica, facendo risultare “Disordine” un’esperienza quasi orfica capace di portare l’ascoltatore in una dimensione metafisica con la leggerezza del synth-pop. Un disco da cui ripartire, un dono, un tesoretto da utilizzare per sopravvivere ad una catastrofe imminente. Senza toni esageratori, la migliore uscita discografica di questa (quasi) metà di 2013.
Un disco che mancava.
Un disco che mancava.
Tracklist:
1. Dedica
2. Ho visto un dio
3. Le cose più rare
4. Wittgenstein
5. Numeri e parole
6. Ecco la felicità
7. Continente
8. Il digiuno
9. Disordine
10. Esistere